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Handle with care - destination Ireland

Ultimo Aggiornamento: 16/06/2010 23:28
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Post: 18
Città: FIRENZE
Età: 41
Sesso: Femminile
16/06/2010 23:28

Arrivare in un aeroporto è sempre un'emozione mistica...sai da dove sei partito, ma non sai cosa ne sarà di te dove sei ora, non sai se ci sarà qualcuno ad aspettarti alla sezione “Arrivi”, e soprattutto, semplicemente, non sai: ti affidi all'ignoto, fai un salto nel buio.
Quella volta io sapevo, sapevo bene. Sapevo che qualcuno mi aspettava, ma ciò che non sapevo era quanto quel viaggio che mi aveva portato fin lì mi avrebbe cambiato la vita.
Avevo comprato il volo per Cork due giorni prima di ferragosto...gli avevo detto “verrò”, e lui mi aveva risposto “ti aspetto”. Ancora un'attesa.
Quello che c'era stato prima, i nostri anni in bilico tra i sentimenti, tutto mi faceva pensare che forse mi stesse aspettando sul serio, e non solo per quella volta.
Mi sentivo forte ma allo stesso tempo fragile, piccola, come quei pacchi su cui è scritto “maneggiare con cura”, handle with care. Questo avrei dovuto dirgli: handle me with care.

L'Irlanda non è un paese dove pianifichi di andare, è il destino che ti ci porta...l'intensità dei colori dell'erba, le sue mille sfumature di verde, e le nuvole che si rincorrono nel cielo mutando forma ogni secondo, il rumore del mare che si frange sulle scogliere senza sosta: è tutto questo che ti rimane nel cuore, è tutto questo che vado a ripescare in fondo all'anima per raccontare questa storia.

Era mattino presto quando atterrai in terra irlandese, ricordo un'alba splendida vista dall'aereo, e l'eccitazione che mi pervadeva, l'aria frizzante, il passaggio dal bagno dell'aeroporto per mettermi in ordine, in attesa di svoltare quell'angolo, trascinando il mio trolley, sperando di vedere la mia nuova vita negli occhi bagnati di azzurro profondo di quel ragazzo che era lì a pochi metri.
Sorrideva...e io mi persi.
Prendemmo una macchina in affitto, e ci incamminammo per raggiungere il Ring of Kerry, famosissima regione del sud dell'Irlanda...le risate, le conversazioni di due persone che si conoscono perfettamente, la musica del cuore, e fuori il famoso “cielo d'Irlanda” della canzone.
In quel momento l'unica cosa che riuscivo a pensare era di essere al posto giusto, nel momento giusto, con la persona giusta, la persona perfetta per il mio cuore, e quando quella persona ce l'hai seduta accanto non puoi fare a meno di pensare a quanto il mondo che ti circonda sia bello, e perfetto, e speciale, tanto che anche la gente, quella che cammina per strada, che non conoscerai mai, quella con cui scambi distrattamente qualche parola chiedendo indicazioni, anche la gente ti sembra speciale, e il sorriso di tutti quegli sconosciuti così diverso.
A un tratto mi guardò, e mi disse: “non trovi che questi irlandesi siano forti?guarda come sorridono appena spunta un raggio di sole...sono in grado di apprezzarlo sinceramente, molto piu di noi, perchè lo vedono poco quindi quando spunta è grande festa!è un bell'atteggiamento da avere nei confronti della vita, no?”
Si che lo è.

Dopo qualche ora di marcia sulle strette strade irlandesi, costeggiando paesaggi da poema antico, ci fermammo davanti ad una scogliera. Ricordo il cielo che si rabbuia d'un tratto, le nuvole che corrono veloci spinte dal vento e coprono il sole, in un'atmosfera vitrea e surreale.
Il vento. Un vento così forte che spazza anche dentro l'anima.
Mi guarda negli occhi, sincero, e mi dice soltanto: “spero tu non sia venuta qui con i presupposti sbagliati..siamo amici, no?”
Quando hai appena fatto quasi 3000 km per vedere una persona, la parola “amicizia” ti sembra per un attimo svuotata del suo significato, priva di senso, tu che fino a dieci secondi prima l'avresti chiamato, semmai, “amore”, di quelli addirittura con la A maiuscola.
Non risposi, lo guardai soltanto distruggermi il cuore un pezzo alla volta con le parole che sommessamente continuava a pronunciare, con quel rumore sordo delle onde arrabbiate e i surfisti sullo sfondo che continuavano ad accanirsi per cavalcare quegli indomiti mostri d'acqua, sfidando il freddo gelido delle acque oceaniche.
“Quello che c'è stato tra noi, boh, forse è stato un errore, mi spiace, non sono innamorato di te, non è successo, forse ci ho voluto vedere qualcosa che non c'era....d'altronde non te l'ho detto prima perchè sapevo che saresti venuta ugualmente, da amici ce la siamo sempre spassata, e vedrai che anche stavolta sarà così”.
Per un attimo non sei più tu.
Ti sdoppi, esci da te stessa. Diventi anche tu uno di quei surfisti e le onde da dominare sono i tuoi sentimenti in tumulto, giù nel cuore, che ti strattonano violentemente e ti soffocano le parole in gola. Le lacrime si mischiano silenziosamente alla pioggia che inizia a scendere, e se una cosa la sai è che non tornerai mai più in quel posto in vita tua, perchè ci hai perso un pezzo di te.

Scogliere e vento, ancora e ancora, sforzarsi di sorridere mestamente e di dire qualche parola nell'attesa che la notte ti lasci ai tuoi pensieri privati, ancora e ancora, piangere nella doccia per non farsi sentire e non mettere a nudo le tue fragilità...ancora e ancora.
Silenzio.
Tempesta.
Non è mai stato così freddo ad agosto in Irlanda, ma tu non puoi saperlo perchè la tempesta si è scatenata, fuori e dentro te, e non c'è quiete, mentre accanto nello stesso letto lui dorme sereno. Il sono dei giusti...nemmeno la stanchezza di 3000 km sulle spalle o il dolore che inginocchia possono competere.
Ore intere a domandarsi perchè sei lì, che ti è saltato in mente, senza amici cui inondare di lacrime la spalla, lontana dalle persone che ami di più e troppo vicina all'unica che ti ha appena detto che non ti ama. Stupida ragazzina incosciente. Troppi romanzi di formazione nella tua adolescenza, troppe storie dove l'amore trionfa su tutte le difficoltà.
Beh, ora, a 21 anni, hai la prova che la vita fa romanzo a sé, e non finisce bene, la maggior parte delle volte. E tu nei sei la conferma: schiaffata in un remoto angolo d'Irlanda, mentre fuori Dio, o chi per lui, scatena le sue ire quasi volesse erodere un pezzo d'isola o strapparti via il tetto dalla testa, e tu sei dentro, al sicuro, ma ti senti così vuota e distrutta che preferiresti quasi esser fuori sotto la pioggia battente...forse, almeno lei, riempirebbe il tuo vuoto a perdere o metterebbe a tacere almeno tutte le tue domande, che ti martellano in testa, una dopo l'altra.
E quanto è immenso quel dolore se ancora oggi, a distanza di anni, il pensare a quella notte ti atterrisce.

I giorni seguenti li cammino da sola con me stessa, nella piccola cittadina di Cork, un fanalino di coda del mondo, il fiume che attraversa il paese, il lungo viale principale, l'atmosfera familiare, i grandi parchi in cui prendere il respiro e il piccolo parco in cui sedersi per riposare, la gente cordiale che mitiga il tuo risentimento, le strade colorate che risplendono al sole, passi e passi, da sola, perchè lui non può accompagnarti e perchè davvero non vuoi che lo faccia.
E poi, un pomeriggio, salire su un autobus credendo ti porterà dove devi andare, e invece vedi che imbocca la direzione totalmente opposta, e sale sale, si inerpica su per le colline.
Un piccolo foglietto attaccatto su un sedile: “ho perso la mia macchina fotografica su un autobus, chiunque la ritrovi è pregato di contattarmi dietro compenso: non mi importa della macchina ma solo della memory card, con tutte le foto di una vacanza meravigliosa trascorsa in questo paese.”
Mi si stringe il cuore. Non la troverà mai, e probabilmente lo sa anche lui ma è ugualmente impazzito per attaccare quei foglietti su tutti gli autobus di Cork nel tentativo del tutto per tutto, in una sfida al comune pensiero che la gente se ne frega di ciò che ti sta a cuore. Una storia assurda.
Cose così, penso, possono succedere solo in questo posto immerso nel verde, arroccato sulle scogliere che guarda verso l'infinito, all'altro lato lontano dell'oceano.
Errore provvidenziale.

Riuscii finalmente a tornare a “casa”, sperando, di nuovo, che mi stesse aspettando, un po' preoccupato forse, e io gli sarei corsa incontro sorridendo per la prima volta da giorni, dalla scogliera famosa, per dirgli solamente: “grazie”.
Grazie di avermi portato fino a qui, grazie per avermi permesso di conoscere l'essenza vera di questa terra, dove quando piove, piove tutta l'acqua del mondo, ma quando il sole splende, lo fa con un'intensità, una grazia e un'eleganza che ti rende anche impossibile respirare dallo stupore.
Grazie per avermi permesso di amarti, grazie per questa avventura incredibile, una sorta di Davide contro Golia, e io non ero certamente il gigante, ma mi scontravo con l'intensità di quel dolore con tutta la forza possibile.
Grazie per avermi detto NO quando avresti potuto dirmi si, mentirmi.
Grazie per quell'abbraccio, perchè ho sentito che un po' ti batteva il cuore, per quando mi hai permesso di appoggiarti la testa sulla spalla, e morivo dentro per l'emozione che mi stava dando quel momento.
Semplicemente Grazie, perchè forse questo era proprio il posto in cui avrei dovuto essere, tentando il tutto per tutto come il ragazzo della macchina fotografica, soffocando la delusione dell'insuccesso per l'esperienza di vita vissuta. Grazie.

Invece, quando arrivai, con le parole che mi scoppiavano nel cuore, lui era lì, tranquillo, e io non riuscii a spiccicare parola.
“Ah sei arrivata finalmente...con un ritardo di mezz'ora almeno”, disse sorridendo.
“Già”, mi uscì soltanto.
Quelle parole me le porto dentro ancora, e forse a lui non interesserà mai sentirle.

Il giorno seguente, la partenza.
Il tragitto all'aeroporto, il saluto al paese che mi ha cambiato la vita, che ha modificato il mio modo di amare, con forza, proprio come fanno gli irlandesi che continuano ad amare il sole dispettoso, che si concede di rado, ma proprio per questo sanno che và amato comunque e anche di più, perchè prima o poi farà capolino dalle nuvole e li irradierà per quei pochi minuti che cambiano loro la giornata.
Proprio come il ragazzo della macchina fotografica, che si sforza di credere nell'impossibile, sperando che uno sparuto pezzo di carta possa riuscire nell'intento di ridargli indietro i suoi ricordi di vita.
Proprio come i surfisti che vengono scaraventati nell'acqua gelida tentativo dopo tentativo, ma non smettono di provare una volta dopo l'altra, in attesa dell'onda prescelta con cui riusciranno a dialogare perfettamente, aderendo alla tavola senza disturbare il tragitto del flutto schiumoso.
Questo è l'amore. Tentare e tentare, senza darsi cura del risultato, perchè se non provi la vita non ha proprio senso.

Un saluto prima del check-in.
“Verrai a trovarmi?”.
“Si”, con gli occhi lucidi di lacrime e la consapevolezza che è una menzogna.
“Ti voglio bene”
“Ti voglio bene anche io”
Dieci passi, mi volto e lo vedo con la mano aperta a salutarmi e un sorriso stampato in faccia: see you soon, mi grida prima di scomparire alla mia vista.

Mi siedo in attesa che sui monitor compaia il gate d'imbarco, osservo fuori il sole che tramonta.
Come aver vissuto una lunga e intensa giornata, sono arrivata con l'alba e me ne vado con il tramonto: ho avuto la possibilità di gustarmi due dei momenti più belli nel giorno di questo paese, provando emozioni diverse e contrastanti, ma con il solito enorme splendido imbarazzo di fronte a tale bellezza.
Una lacrima, poi due, poi un pianto sommesso, accanto al signore distinto che trangugia la sua cena e mi guarda impallidendo.
Non sa che sto salutando un pezzo di me, in tutti i sensi.
Mi porto dentro un po' d'Irlanda, un residuo d'amore, il profumo intenso del mare, il verde acceso dei prati, e un cuore che sta curando le sue ferite, in attesa che diventino cicatrici indolore.
See you soon Ireland.
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